Abruzzo / Lucania / Calabria / Campania / Emilia Romagna / Friuli Venezia Giulia / Lazio / Liguria / Lombardia / Marche / Molise / Piemonte / Puglia / Sardegna / Sicilia / Toscana / Trentino Alto Adige / Umbria / Valle d’Aosta / Veneto
ABRUZZO
IL GUANCIALE DI AMATRICE
Il Guanciale di Amatrice, famoso per la sua vorace e genuina golosità, viene utilizzato nella preparazione della ricetta della classica pasta all’amatriciana. E’ un guanciale che si caratterizza con un sapore deciso e intenso, reso ancora più sfizioso dall’aggiunta di pepe. Ha una consistenza compatta, un profumo unico e invitante e visivamente offre allo sguardo il contrasto tra il bianco del grasso e la tonalità rosso-chiaro della carne magra.
PECORA ALLA CALLARA
La “callara” è l’antico paiolo che veniva appeso alla catena del camino: nella civiltà contadina abruzzese ogni piatto veniva cucinato direttamente sul fuoco. Questi tipici e capaci pentoloni in rame, a lungo andare diventavano esternamente neri a causa delle fiamme dei tizzoni che li riscaldavano.
La Pecora alla “Callara” è un altro di quei piatti tipici dell’Abruzzo (“alla callara” nel teramano, “alla cottora” o “cutturo” nell’aquilano) legati squisitamente alla pastorizia ed alla transumanza.
Con questo metodo di cottura molto lungo, insaporendo bene con vino, olio, odori e spezie, anche le carni degli ovini morti di malattia o di vecchiaia venivano trasformate in un piatto prelibato. La pecora alla callara è una delle ricette considerate tra le eccellenze gastronomiche regionale. A questo piatto sono dedicate numerose sagra all’interno del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga .
LA VENTRICINA TERAMANA
La Ventricina teramana si prepara con carne di maiale macinata molto finemente, in modo che il risultato finale sia un salume spalmabile golosissimo. La carne viene arricchita con peperoncino, dolce e piccante, con pasta di peperoni, con sale, aglio, pepe bianco e pepe nero, rosmarino, semi di finocchio, buccia d’arancia e altre spezie locali. Viene venduta sia insaccata che contenuta in barattoli di vetro. La sua stagionatura è breve, circa di 3 mesi, ed è ottima anche consumata solo dopo pochi giorni dalla sua lavorazione. La sua peculiare golosità si gusta in modo perfetto spalmandola sul pane caldo o bruscato.
I BOCCONOTTI
I bocconotti sono dei dolcetti tipici della tradizione abruzzese. Sono diffusi in diverse zone dell’Abruzzo e si ispirano a quelli della tradizione teramana. Per preparare questi dolcetti occorrono pochi ingredienti: bisogna procurarsi la scrucchiata, una confettura realizzata esclusivamente con uva di Montepulciano, senza aggiunta di ulteriori zuccheri. Bocconotti, diffusi ormai in tutta l’area della costa abruzzese e molisana e dei Colli Frantani, soni diventati il dolce da offrire come souvenir.
CALABRIA
LA ‘NDUJA
‘Nduja, il salume piccante, morbido e spalmabile che fa impazzire il mondo, un insaccato a base di carni di maiale e peperoncino, affumicato e stagionato, che è il prodotto calabrese tra i più amati ed esportati.
L’ “originale” è quella di Spìlinga, un paesino del vibonese dove ad agosto di ogni anno dal 1975 si svolge una celebre sagra della ‘nduja, qui il peperoncino usato è rigorosamente quello del Monte Poro e ci sono dei salumifici artigianali che fanno un prodotto indimenticabile, ma si produce anche nel cosentino e in diverse zone della Calabria. La puoi gustare nei sughi, sulla pizza, sui crostini, con i formaggi freschi e scaldata con l’apposito “scaldanduja”.
CIPOLLA ROSSA DI TROPEA
La Cipolla Rossa di Tropea, dolcissima e croccante, una delizia unica che, per intenderci, esprime tutta se stessa già cruda e fresca in una “semplice” insalata. Assaggiandola si può capire come per i contadini di un tempo mangiare “pane e cipolla” non fosse esattamente un dispiacere. Tutelata dal marchio Igp spesso è difficile da reperire e confusa con prodotti simili sui banchi dell’ortofrutta, è prodotta lungo la costa medio/alta tirrenica della Calabria e facilmente si trova solo qui. Molteplici gli usi nella cucina tipica.
IL CEDRO DI CALABRIA
Ma se parliamo di Calabria parliamo anche dell’illustre cugino del bergamotto, un altro agrume calabrese, il Cedro di Calabria. Prodotto nella splendida Riviera dei Cedri, nella costa tirrenica cosentina, anch’esso ha una storia produttiva antica e molto interessante che addirittura sembra avere origini divine perché secondo la tradizione ebraica è il frutto dell’ “Albero più bello”. Agrume dal sapore dolce e delicato è usato in cucina in diverse preparazioni locali e possiamo apprezzarlo come frutto candito, nei liquori, come marmellata o nella cedrata.
CAMPANIA
IMPEPATA DI COZZE
Un antipasto marinaro della tradizione campana, napoletana in particolare, semplice ma irresistibile. Stiamo parlando dell’impepata di cozze. La ricetta è molto facile e veloce: le cozze si fanno aprire in pentola su fuoco vivace e si condiscono con abbondante pepe nero. Il sapore di mare che sprigionano è squisito.
PASTA ALLA SORRENTINA
La pasta alla sorrentina è un primo piatto che prende ispirazione dalla più celebre ricetta degli gnocchi alla sorrentina. Pasta gratinata al forno, filante e gustosa con tutti i prodotti italiani per eccellenza: pasta, pomodoro, grana e mozzarella!
BABA’ AL RUM
I babà al rum sono dolci della pasticceria napoletana tradizionale, soffici, liquorosi e dall’inconfondibile forma a fungo. Un dolce delle feste che potrete ricercare nelle strutture turistiche a conduzione familiare. Una vera leccornia.
EMILIA ROMAGNA
IL TORTELLINO EMILIANO
Il tortellino emiliano ha dimensioni ridottissime, quasi un’unghia: la base è un quadrato di sfoglia fresca all’uovo sottilissima, appena 3 cm per lato e peso finale di circa 5 grammi. Il ripieno, secondo ricetta depositata, è a base di lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella di Bologna, Parmigiano Reggiano, uova e noce moscata. Il tortellino si mangia in brodo, preparato con doppione di manzo, gallina ruspante, sedano, carota e cipolla.In alcuni agriturismi avrete la possibilità di prepararli di persona, in uno dei numerosi laboratori didattici ormai in voga da qualche anno, per consentire ai turisti di realizzare quell’esperienza unica ed irripetibile che è il turismo esperienziale.
.
TAGLIATELLE AL RAGU’
Entrando nel forte della cucina dell’Emilia-Romagna, troviamo un piatto che è famoso in tutto il mondo e che rappresenta la cucina italiana all’estero: le tagliatelle al ragù. Si tratta di pasta all’uovo sottile e rigorosamente tirata a mano, che viene condita con il classico ragù, realizzato con cipolla, carota, sedano, sugo e carne macinata. Un primo che è diventato a tutti gli effetti un “must” del pranzo domenicale ormai in tutta Italia.
.
LO ZABAIONE
Lo Zabaione è una preparazione che vanta parecchi secoli di storia sul quale vi sono fonti discordanti riguardo le origini e il nome. Una di queste racconta che sia stato “inventato” nel 1500 nei dintorni di Scandiano dal capitano di ventura Emiliano Giovanni Baglioni mescolando casualmente uova, farina e vino bianco.Aldilà della veridicità di questa storia, lo zabaione è una ricetta a base di rossi d’uovo, moscato e zucchero. Viene preparato a caldo, a bagnomaria, usando il vino Marsala, e aggiungendo un biscotto tritato o un amaretto all’interno.
FRIULI VENEZIA GIULIA
IL FRICO CON LE PATATE
Il tortino di formaggio più famoso e irresistibile si chiama frico, piatto unico o antipasto tipico della Carnia. La ricetta originaria purtroppo non è codificata e le sue origini umili e contadine hanno reso la lista ingredienti “quello che c’è in casa”: l’elemento comune è il formaggio grattugiato o tagliato a pezzetti, poi c’è chi ci aggiunge patate, cipolle, mele, rapa, uova e così via. Il succo della faccenda è friggere lentamente il formaggio in modo da formare un tortino di consistenza morbida, friabile o croccante a proprio gusto.
BROVADA E MUSET
Il vero protagonista del piatto è la brovada, il fermentato di rape di colore rosso o violetto e dall’intenso gusto acidulo. Tipica delle zone carsiche, dal 2011 la brovada è anche prodotto a marchio Dop: le rape sono fermentate con vinacce da uva nera, mentre sono facoltativi uva pigiata, vino rosso e aceto di vino. Dopo essere stata grattugiata finemente o tritata “al fiammifero”, la brovada viene affiancata a carne, zuppe e polente ma “la morte sua” è proprio il muset, il musetto di maiale insaccato simile al cotechino
LA GUBANA
La gubana è un prodotto simbolo della pasticceria friulana, originaria delle Valli del Natisone e tipica della zona di Cividale. Come tutte le ricette tradizionali che sono preparate sia a livello familiareche artigianale, la composizione del ripieno può subire variazioni a seconda della zona di produzione. La base di questo gustoso dolce è un morbido pane ripieno con un trito di frutta secca, bagnato con una buona grappa locale e piegato a formare una caratteristica chiocciola, da cui il nome: guba in sloveno significa infatti “piega”.
LAZIO
SPAGHETTI ALLA CARBONARA
Ormai divenuti internazionale, gli spaghetti alla carbonara sono un primo piatto in cui la pasta viene condita con guanciale, uovo crudo, pecorino e pepe. Fondamentale per una perfetta riuscita di questo piatto è sicuramente la scelta degli ingredienti, ma anche l’ordine con cui vengono preparati. L’uovo è infatti aggiunto solo alla fine, a fuoco spento, perché deve assolutamente restare crudo.Il piatto viene ricordato per la prima volta nel periodo immediatamente successivo alla liberazione di Roma nel 1944, quando nei mercati romani apparve il bacon portato dalle truppe alleate. Questo spiegherebbe perché nella carbonara, a differenza di altre salse come l’amatriciana, pancetta e guanciale vengono riportati spesso come ingredienti equivalenti.
CODA ALLA VACCINARA
Questo piatto preparato con la coda, uno dei tagli considerati meno pregiati, è ancora oggi uno dei piatti tipici più caratteristici della cucina romana.
Due sono le ricette principali con cui si prepara la coda alla vaccinara nel Lazio: in una prima versione viene stufata nella salsa di pomodoro, in una seconda versione, la carne viene prima rosolata in padella e poi stufata nella salsa.
Quando visitate una masseria chiedete sempre quale versione viene preparata ai commensali.
I MARITOZZI
I Maritozzi sono dei soffici paninidolci farciti con la panna montata, golosi dolci da colazione e merenda tipici della cucina romana; serviti a colazione in alcuni agriturismi vengono prodotti la mattina presto per deliziare gli ospiti accompagnato da latte appena munto. Il maritozzo è un lievitato che ha origini nell’antica Roma, quando questo dolce, impastato a mano con farina, uova, miele, bucce di agrumi, uvetta e pinoli; veniva regalato alle future spose dal loro fidanzato; che erano solite chiamare “maritozzo” (vezzeggiativo popolare romanesco di “marito”) da cui deriverebbe il nome di queste morbide pagnottelle!
LIGURIA
IL PESTO
Gli elementi inderogabili, su cui nessun genovese cederà mai e poi mai, sono l’impiego del basilico giovane di Genova, coltivato sulle alture di Pra’, e caratterizzato da un sapore delicato e non mentolato; dell’olio extravergine di oliva della Riviera Ligure, prodotto a marchio Dop, dolce e poco fruttato; dell’aglio, meglio se di Vessalico (comune imperiese), dal gusto meno intenso e pungente, e infine dei pinoli, preferibilmente pisani. Si tratta quindi di una salsa a crudo, ovvero un composto nel quale gli ingredienti sono amalgamati a freddo, non cotti. Per questa caratteristica gli ingredienti non perdono le proprie caratteristiche organolettiche originarie.
CIMA ALLA GENOVESE
La cima era, originariamente, un piatto povero realizzato con ingredienti di recupero, reso gustoso e nutriente nel tempo grazie al lungo lavoro delle massaie. Oggi si è trasformato in una ricca pietanza, alla cui fetta (denominata öggiu, cioè “occhio) viene dato un aspetto visivamente gradevole attraverso i colori degli ingredienti uniti insieme.Quando passi un weekend negli agriturismi liguri capirai come la preparazione della cima è molto lunga e complessa. Esiste sempre il rischio che, durante la cottura, a causa di errori di vario genere, possa “scoppiare”, facendo fuoriuscire tutto il ripieno e rendendoquindi vano tutto il lavoro.
I PANSOTI
Tra i piatti forti della tradizione ligure, onnipresenti nel menù di ogni ristorante tipico di cucina ligure che si rispetti, non possono mancare i pansoti, anche conosciuti nel resto d’Italia come pansotti. Golosi come le altre preparazioni di pasta ripiena, i pansoti si distinguono dai classici ravioli per la dimensione (si presentano come grandi tortelli, con forma a mezzaluna o triangolare in alcune varianti della Riviera) e per il ripieno, tipicamente privo di carne.
LOMBARDIA
IL RISOTTO ALLA MILANESE
Il riso di colore giallo più famoso in Italia vanta lontane origini. La leggenda narra del lontano 1500 quando la figlia di un vetraiodel Duomo – simbolo di Milano con il suo tesoro e la passeggiata in terrazza – provò a usare lo zafferano per tingere il risotto, utilizzando il pistillo che fino a quel momento veniva usato solamente dai mastri vetrai per ottenere il colore oro nel vetro. Da qui l’ipotesi che tutto iniziò in seguito ad uno scherzo ma il consenso per questo nuovo piatto fu tale che la ricetta entrò a ben ragione tra le più rinomate del territorio
LA CASSOEULA
La cassoeula è un piatto tradizionale lombardo. La preparazione è lunga e un po’ complessa, ma il risultato è veramente gustoso. Si presenta in molte varianti. Gli ingredienti di base sono le verze e le parti povere del maiale: piedini, cotenne, costine, testa, verzini (salamini). Per il suo alto apporto calorico e il senso di sazietà che genera, la cassoeula è da considerarsi un piatto unico.Gli storici individuano nel ricettario di Ruperto da Nolala prima ricetta riconducibile alla pietanza. Questo autore, originario di Nola, che viene considerato uno dei padri della gastronomia catalana, fu al servizio della corte Catalano Aragonese di Napoli, nel corso del XV secolo.
IL PANETTONE
È nato proprio a Milano il dolce più tipico del Natale del Nord Italia e ampiamente diffuso ormai in tutta Italia. In Lombardia la ricetta è cosa nota e viene tramandata da secoli,considerato che la leggenda risale ai tempi della corte di Lodovico il Moro (1452-1508). A quanto pare in occasione di un banchetto il cuoco bruciò il dessert e in suo aiuto venne un generoso garzone, Tony, che si offrì di servire agli ospiti il dolce che aveva creato lui la mattina con gli avanzi della dispensa. Il cuoco accettò e tutti i commensali furono entusiasti al punto che il “pan de Tony” divenne noto in tutta Italia.
LUCANIA
IL PANE COTTO
Uno dei prodotti più importanti della cucina lucana è proprio il pane, alimento di eccellenza spesso ancora cotto nei forni a legna. Una ricetta quindi che lo includesse non poteva mancare anche se il pane cotto, non è solo pane. Si tratta di un piatto che prevede anche porri, cipolle e peperoncino, uova e prezzemolo su fette di pane, anche raffermo.Può essere però preparato anche facendo soffriggere nell’olio (in luogo o in aggiunta alle cipolle) anche porri, rape, peperoni, patate, e non è raro vederlo preparare senza l’aggiunta dell’uovo. In questo piatto c’è la storia dei nonni, che ritenevano pagnotte e filoni un cibo sacro e mai li avrebbero sprecati. C’è quella della cultura contadina, quando il pane veniva impastato e infornato ogni due settimane, diventando inevitabilmente duro, e bisognava aguzzare l’ingegno per renderlo di nuovo appetibile.
FAVE E CICORIE
Un piatto della tradizione della Basilicata, un piatto dell’area materana da sempre, semplice e nutriente. Le fave un tempo erano ritenute un alimento povero e quindi presente sulle tavole meno abbienti, mentre oggi fanno parte di quegli alimenti ricercati. Le cicorie con il loro gusto più amaro creano un perfetto contrasto con il sapore più dolce delle fave. Un’altra peculiarità consiste nel fatto che potete preparare prima il piatto e servirlo poi con una fetta di pane casereccio.
LE STRAZZATE
Le STRAZZATE sono un dolce tipico Lucano (in particolare materano), preparato dalle nonne in occasione delle festività natalizie. Composte da farina, mandorle, zucchero e uova, sono croccanti fuori e morbide dentro. Una volta assaggiate, il loro gusto vi trasporterà in un tempo passato, un tempo in cui tutto sembrava essere più genuino. Nate per terminare in bellezza le lunghe tavolate nei giorni di festività, le strazzate prendono probabilmente il loro nome dal dialetto locale: “strazzet” significa “strappate”, ed effettivamente sembrano palline grossolanamente strappate da una massa più grande. Ottime a fine pasto.
MARCHE
OLIVE ASCOLANE
La speciale oliva tenera, gustosa e polposa viene farcita di carne, impanata e poi fritta. Specialità che si mangia ottimamente ad Ascoli e in tutto il Piceno. Vengono generalmente servite assieme ad altri prodotti fritti come antipasto, anche se tradizionalmente vengono considerate un secondo piatto, essendo una delle componenti principali della locale frittura mista.
IL CIAUSCOLO
Salume tenero e spalmabile originario di Visso e dell’entroterra Maceratese. Un panino con pecorino e ciauscolo è uno degli abbinamenti più fantastici che sia mai stato creato. Il ciauscolo è da pochi anni una IGT.L’etimologia del termine è incerta: Carlo Battisti e Giovanni Alessio propendono per una derivazione dal latino iūsculum (attestato in Catone), diminutivo di iūs, “salsa”, “sugo”, “brodetto”, tuttavia non è chiaro quale sia l’elemento prefisso; più probabilmente il nome deriva dal latino ci(a)busculum, letteralmente “piccolo cibo”, “spuntino”.
LA CICERCHIATA
Ecco una versione rivista e corretta della cicerchiata delle Marche, tante palline di pasta fritte e unite insieme da miele e zucchero, una croccantezza unica e irresistibile.Tra gli ingredienti, oltre la farina, l’amido di mais, le uova e il miele c’è il Mistrà,liquore tipico della regione, ne basta un cucchiaino per aggiungere aroma e croccantezza al fritto.Poi la scorza di limone grattugiata, invece della cannella, così ho cercato di accontentare anche mio marito che adora gli arancini o rotelline che a Carnevale non possono mancare!
MOLISE
CACIOCAVALLO DI AGNONE
Un formaggio che sembra venisse prodotto ad Isernia già dalla magna Grecia. Viene prodotto con latte crudo di vacca e la crosta ha un colore giallo paglierino, che nella stagionatura tende a vivere verso il marrone.Il formaggio viene gustato dopo circa 20 giorni di stagionatura, più si avanza con il tempo e più il nostro caciocavallo va ad assumere un sapore piccante e sapido.
È sufficiente del pane locale e il formaggio da far sciogliere al calore della piastra. Il caciocavallo non deve essere poggiato sul fuoco, ma tenuto a distanza, la vicinanza alla fiamma deve essere tale da permettere alla forma di sciogliersi e colare sul pane che nel frattempo si sarà bruscato.
FUSILLI
I fusilli sono un altro formato di pasta alla molisana diffusa in tutta Italia. A base di farina di grano duro, acqua e sale, tradizionalmente vengono ottenuti arrotolando la pasta intorno a un fuso di ferro e lasciati essiccare all’aria. Possono essere accompagnati dai condimenti più diversi: i cosiddetti “fusilli alla molisana” vengono conditi con carne d’agnello, ma anche carni miste come vitello, salsiccia e maiale. In alternativa potete provare le ricette dei fusilli con patate e ragù di vitello o con vitello speziato.
I MOSTACCIOLI
Sono i tipici biscotti natalizi del Molise, prodotti in infinite varietà in tutto il Sud Italia ma qui declinati in modo estremamente cioccolatoso. La tradizione molisana vuole che questi biscotti vengano preparati la notte della Vigilia di Natale davanti ai falò accesi in piazza e che siano offerti a tutto il paese in festa. I biscotti preparati solo dalle donne del paese, sono ancora oggi il simbolo del Natale in tutta la regione. L’impasto dei biscotti è quello tipico delle ricette di questo periodo dell’anno: farina uova miele mandorle cannella latte caffè mosto cotto e cioccolato. I biscotti dopo essere stati cotti al forno vengono glassati con il cioccolato per diventare dei rombi marrone lucenti dello spessore di circa 1 cm.S econdo la leggenda, i mostaccioli furono regalati secoli fa ai contadini molisani da un monaco misterioso, apparso all’improvviso e poi scomparso nel nulla.
PIEMONTE
LA BAGNA CAUDA
La “Bagna Càuda” è una salsa calda che viene preparata per intingere le verdure crude e cotte. Più che un piatto rappresenta un momento di condivisione a tavola, dove i commensali possono condividere il cibo. Per la sua preparazione vengono utilizzate le acciughe dissalate e diliscate, molto aglio e l’olio di oliva. La cottura è a fuoco lento per permettere alle acciughe di sciogliersi nell’olio. Una volta raggiunto un impasto corposo, a tavola viene servita nel caratteristico “fujot” e accompagnata da verdure di stagione.
AGNOLOTTI
Gli agnolotti piemontesi, o più semplicemente agnolotti (agnolòt o gnolòt in piemontese), sono una specialità di pasta ripiena tradizionale del Piemonte, e in particolare, della zona dell’Astesana e del Monferrato, nelle province di Alessandria e Asti, ma diffusa in tutta la regione. Esistono varianti degli agnolotti, tra cui gli agnolotti pavesi, che si differenziano per il ripieno a base di stufato. L’origine del nome è incerta: la tradizione popolare identifica in un cuoco monferrino di nome Angiolino, detto Angelòt, la formulazione della ricetta; in seguito la specialità di Angelòt sarebbe diventata l’attuale Agnolotto.
IL BONNET PIEMONTESE
Davvero delizioso il bonnet piemontese, una portata chic ed elegante, perfetta per un’occasione speciale. Questo dolce al cucchiaio tipico delle Langhe piemontesi, è delizioso e molto profumato: ottima scelta per concludere in dolcezza la cena della Vigilia, ma assolutamente perfetto in tutte le altre occasioni in cui si vuol fare centro. Il bonèt viene preparato e cucinato con la medesima tecnica che si usa per i dolci della famiglia delle crème caramel, diffusi in tutta Europa. Il bonèt tradizionale piemontese, fatto in casa dalle nonne, non era a base di rum, ma di Fernet, perché, terminato il pasto, il Fernet serviva per sveltire la digestione.
PUGLIA
ORECCHIETTE E CIME DI RAPA
Regina dei formati di pasta tradizionale, le orecchiette sono il simbolo del piatto tipico pugliese. Pasta fresca fatta a mano con farina, acqua e sale.
Bianche, piccole e rigorosamente di semola le orecchiette realizzate nella Puglia Centrale, più scure, grandi e di farina di grano duro quelle salentine.
La loro forma di piccola orecchia si sposa perfettamente con ogni tipo di condimento. Le più famose sono le orecchiette con cime di rapa e acciughe, le orecchiette al sugo di carne alla pugliese e le orecchiette con pomodoro, cacioricotta e basilico.
FOCACCIA BARESE
Rotonda, alta, farcita con pomodorini interi e olive baresane: la focaccia è la regina dello streetfood barese, ma diffusa in tutta la regione in mille versioni diverse, con l’aggiunta di cipolle, melanzane, verdure, salumi, formaggi e chi più ne ha, più ne metta Quella pugliese sarebbe però originaria dell’alta murgia, patria del celebre pane di grano duro cotto nel forno a legna, di cui sarebbe una variante, diffusasi poi in altre provincie pugliesi, dove viene sfornata ogni mattina nei panifici. Calda e croccante, è perfetta come piatto unico o spuntino a ogni ora della giornata.
INVOLTINI DI CARNE IL CAZZOMARRO
Se la Puglia è una regione famosa per le sue verdure, anche le carni rappresentano al meglio il carattere dell’entroterra pugliese. Si chiama marro, il piatto realizzato attraverso degli involtini di carne d’agnello, per i quali si utilizzano le interiora.
Queste vengono trattate in modo particolare affinché si possa creare un involtino con la loro pelle e vengono farciti con ingredienti particolarmente pregevoli come il pecorino, il prezzemolo e l’aglio, che fanno risaltare al meglio il gusto della carne d’agnello.
IL PASTICCIOTTO
Il pasticciotto leccese, o pasticciotto salentino, è uno dei dolci tipici della Puglia. E forse è anche il più famoso. Costituito da un involucro di frolla fragrante, all’interno è farcito con crema, cioccolato, e a volte anche con amarene. Il pasticciotto leccese è uno scrigno di pasta frolla particolarmente friabile che al suo interno custodisce un cuore di crema pasticciera. La superficie è dorata e lucida, perché prima di andare in forno il pasticciotto viene spennellato con albume d’uovo. La ricetta affonda le sue radici nel XVIII secolo e da allora ha subito delle varianti.
.
SARDEGNA
LA BOTTARGA
Il prodotto tipico sardo più famoso è la bottarga di muggine, un pregiato (e costoso!) alimento ottenuto dalle uova di pesce essiccate con un laborioso procedimento tradizionale. Disponibile solo in alcuni periodi dell’anno, viene venduta in forma di panetto o già grattugiata. La bottarga è un ingrediente versatile che si presta a tantissime ricette creative, ma è squisita anche semplicemente adagiata su una fetta di pane imburrato o grattugiata su una pasta con pomodorini saltati in padella.
.
ZUPPA GALLURESE
La zuppa gallurese o zuppa cuata, come viene chiamata da alcuni, è un tipico piatto della Gallura, la regione che si trova nella zona nord della Sardegna che va da Badesi a San Teodoro e ospita le spiagge più belle della Sardegna, nonché alcune isole meravigliose. La parola “zuppa” rimanda subito ad una consistenza liquida o cremosa ma in realtà questo piatto non è liquido, sebbene il brodo di carne venga utilizzato per prepararla. La consistenza ricorda quella delle lasagne, ed è costituita strati di pane (diversi tipi di pane vengono utilizzati a seconda della zona geografica) condite con formaggio e brodo di pecora. Il tutto èpoi cotto al forno.
.
CULURGIONES
Culurgiones di patate. Questi ravioli dalla caratteristica chiusura a spiga sono realizzati con semola di grano duro e acqua. Nella versione tipica dell’Ogliastra hanno un ripieno di patate, aglio, menta e pecorino freschissimo e sono conditi con sugo di pomodoro fresco e spolverizzati con pecorino stagionato: il gusto delicato del ripieno di patate e formaggio si sposa perfettamente con la salsa.
.
AMARETTI SARDI
Gli Amaretti sardi sono tra i dolci di mandorle più conosciuti anche oltre i confini dell’isola. Pasta di mandorle morbida dentro e croccante fuori, a volte profumata al limone o all’arancia e decorata con granelli di zucchero o con una mandorla intera.L’ingrediente fondamentale sono ovviamente le mandorle, in parte dolci e in parte amare secondo una precisa proporzione, unite allo zucchero, agli albumi e ad eventuali aromi.
SICILIA
LA PASTA ALLA NORMA
Tra le ricette più conosciute della cucina siciliana la Pasta alla Norma è piatto esclusivamente estivo quando melanzane, pomodoro e basilico sono all’apice della freschezza. Come per tutte le ricette la cui gloria varca i confini regionali per assurgere a notorietà mondiale, le varianti esistenti di questo piatto sono innumerevoli. Le due più significative sono la versione catanese e quella messinese. La prima prevede l’uso della ricotta salata e il taglio delle melanzane a fette; quella messinese utilizza ricotta infornata e melanzane tagliate a cubetti, queste ultime ovviamente sempre fritte.
ARANCINO
L’Arancino è un must in Sicilia: si tratta di una palla di riso impanata e fritta, condita con piselli, pomodoro o il tipico ragù. Antico di origine araba, amato in tutta Italia Si tratta di piccoli timballi di riso, dalla forma tonda o con la punta a cono, ripieni di ragù con piselli e caciocavallo filante; impanati e poi fritti! La caratteristica principale degli Arancini di riso è una crosticina croccante che nasconde un cuore morbido e saporito; che per colore dorato e forma, ricorda un’arancia, da qui che deriva il nome “arancine”!
SOSPIRI DI MONACA
Cremosità e morbidezza caratterizzano questo dolce tipico di Messina. Oltre che con ricotta possono farcirsi con crema pasticcera o al cioccolato. Si compongono da un biscotto di pasta savoiardo tagliato a metà, a mò di panino, e farcito con la classica crema di ricotta che tanto spesso troviamo nella pasticceria siciliana. Il tocco finale è dato dalla guarnitura con frutta candita come una ciliegina o una scorzetta di arancia e una spolverata di zucchero a velo.
TOSCANA
PAPPARDELLE AL CINGHIALE
Le pappardelle al cinghiale sono uno dei primi piatti più gustosi e ricercati della tradizione toscana. La preparazione del sugo è molto lunga perché inizia mettendo a spurgare per una notte intera la polpa di cinghiale (in modo da far rilasciare i sentori acri selvatici).Le pappardelle al cinghiale si preparano condendo la pasta con la polpa di cinghiale rosolata dopo essere stata nel vino rosso con sedano, carota, cipolla, aglio e grani di pepe.Boccaccio le nomina nel Decameron (VIII,3) parlando del Paese di Bengodi dove le cuocevano ‘in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n’aveva.
LA RIBOLLITA
La Ribollita è uno dei piatti invernali più popolari in Toscana. Una zuppa che sembra essere nata per il perfetto vegano: un mix di diversi tipi di cavolo, fagioli, cipolla, carote. Il nome “ribollita” deriva dal fatto che un tempo venivano preparate grandi quantità di questa zuppa, soprattutto il venerdì (giorno di digiuno di carne) che quindi veniva fatta ribollire nei giorni seguenti, per più volte. Viene preparata in inverno perché l’ingrediente principale, il cavolo nero cresce solo nei mesi invernali.
CANTUCCI
I cantucci, conosciuti anche con il nome di “Biscotti di Prato”, sono dei biscotti secchi alle mandorle (rigorosamente con la pelle).Si ottengono tagliando a pezzetti, in diagonale, un filoncino di impasto quando è quasi cotto, e rimettendolo poi in forno a dorare ancora per qualche minuto.Dolce tipico e grande vanto della cucina toscana, sono spesso accoppiati al vin santo, dentro cui vengono “pucciati”, ma sono buonissimi da sgranocchiare anche da soli. Dalle mie parti, sono molto apprezzati anche con il Prosecco.Nati come dolce invernale (sono un goloso regalo di Natale), ormai si consumano tutto l’anno e sono molto apprezzati per la loro durata di conservazione. Infatti, se posti all’interno di un contenitore ermetico, si conservano intatti per parecchi giorno. Sono quindi un dolce perfetto in caso di ospiti inattesi.
TRENTINO ALTO ADIGE
SPATZLE
Piatto simbolo della tradizione altoatesina gli spatzle (il nome deriva dal dialetto svevo e significa letteralmente “piccolo passero”) sono gnocchetti dall’impasto semplicissimo fatto con farina, latte e uova. Con una peculiarità: si preparano grazie a un attrezzo chiamato spätzlehobel, sistemato sopra la pentola per fare in modo che gli gnocchetti cadano direttamente nell’acqua bollente.Glispatzle possono essere bianchi, verdi (con aggiunta di spinaci) o anche rossi (con la barbabietola), mentre il sugo per accompagnarli cambia a discrezione di chi li cucina.
KNODEL (CANEDERLI)
Per gli estimatori del pane raffermo i canederli, tra i più famosi piatti tipici del Trentino Alto Adige, rappresentano un modo nuovo di prepararlo. Hanno una consistenza densa ma morbida, ne bastano tre o quattro a persona per sentirsi soddisfatti. Il pane vecchio di qualche giorno viene insaporito da speck o pancetta affumicata, e volendo si può aggiungere un cuore morbido di formaggio.
STRUDEL
Uno dei pochi dolci regionali (pur diffusissimo anche in Trentino è di matrice spiccatamente altoatesina, protetto addirittura da un marchio provinciale) che si presta come dessert al ristorante. Probabilmente una variante della baclava, un celebre dolce turco, il nome ne sottolinea la struttura: un involucro di pasta sottilissima che racchiude un ripieno stabilito con tanto di disciplinare: mela Altoatesina sbucciata fresca, uva sultanina, zucchero, pangrattato e spezie, la cannella su tutto con eventuale aggiunta di aromi, pinoli e noci. Ma il più noto dei piatti tipici del Trentino Altro Adige è così diffuso che i ripieni possono variare: alla ricotta, di noci, ai semi di papavero, alle ciliegie, all’uva.
UMBRIA
TORTA AL TESTO
La torta al testo umbra è indubbiamente la regina della tradizione gastronomica del posto.
Viene chiamata anche crescia (nella zona di Gubbio) o ciaccia (nella zona di Città di Castello). Non ha importanza quale nome utilizzerai, l’importante è non confondere la torta al testo né con la focaccia né con la piadina.
Dentro le case di ogni umbro è facile trovare il testo, ovvero il disco in laterizio di tre centimetri che viene utilizzato tradizionalmente per cuocerla.
Nata come sostituto del pane, la torta al testo viene preparata semplicemente con farina e acqua frizzante.
TARTUFO NERO
Il Tartufo Nero Pregiato umbro (TuberMelanosporumVittadini) è la qualità prevalente presente in Umbria: conosciuto come tartufo di Norcia e Spoleto, è diffuso anche nei comuni di Cascia, Preci, Monteleone di Spoleto, Poggiodomo, Scheggino, Sant’Anatolia di Narco, Vallo di Nera, Cerreto di Spoleto, Sellano, Campello sul Clitunno, Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria e Stroncone. Lo troviamo in tutti i territori che fiancheggiano il corso del Nera e, nella provincia di Perugia, principalmente sul monte Subasio. Cresce nei terreni calcarei e argillosi, vivendo in simbiosi con altre piante come quercia, leccio, faggio e castagno.
PASTA ALLA NORCINA
Dalla Basilica di San Benedetto alla Cattedrale di Santa Maria Argentea, il comune di Norcia è disseminato di importanti edifici religiosi. A visitarla si recano ogni anno molti buongustai, attratti a giusta ragione dallE sue tradizionali norcinerie, locali destinati esclusivamente alla lavorazione e alla vendita della carne suina che dalla città prendono il nome. Tra salumi dalle differenti lavorazioni e dimensioni, spicca anche il Prosciutto di Norcia. Se stiamo viaggiando nel nome dell’enogastronomia locale, questa è una meta davvero obbligata. Fosse anche soltanto per un piatto della mitica pasta alla norcina, condita con un sugo di cipolla, aglio, salsiccia di maiale, ricotta fresca di pecora, cui si aggiungono, perché no, una bella spruzzata di pepe e del tartufo nero locale.
ROCCIATA
“Arrocciare”, cioè attorcigliare: ecco a cosa deve il suo nome la rocciata umbra, non certo alle rocce! Anche se la sua consistenza è solitae sbriciolosa quasi come una roccia di tufo. La rocciata è un dolce molto semplice, che somiglia allo strudel di mele nel suo ripieno. La sua caratteristica è quella di venire poi bagnata con l’alchermes, che le conferisce il classico colore rosato.E pensando allo strudel sembra che non sbagliamo molto: la tradizione vuole che siano stati i Longobardi, arrivati al centro della nostra bella Italia, a creare questo dolce combinandolo con altri già presenti sul territorio. Se sia vero non ci è dato sapere, ma quel di cui son certa è che questa ricetta, antica e golosa, è preziosa tanto quanto il tesoro della Regina Teodolinda!
VALLE D’AOSTA
FONDUTA VALDOSTANA
Tra le ricette valdostane più rinomate c’è la fonduta. Si tratta di formaggio, in questo caso Fontina, che viene sciolto a bagnomaria insieme a latte, tuorli, burro e pepe nero e gustato insieme a crostini di pane o patate. È un piatto molto conviviale che si mangia in compagnia come la bourguignonne: la pentola con la fonduta si posiziona al centro del tavolo su un fornelletto che la tiene in caldo e ogni convitato ci immerge pane, patate o altri ingredienti con un lungo stecchino.
CARBONADE
La sostanza sarà pur quella, tuttavia chiamare questo piatto “brasato al vino rosso” sarebbe davvero riduttivo. Del resto nella carbonade valdostana gli ingredienti ci sono tutti: carne (di manzo ma non solo), spezie dolci come chiodi di garofano e cannella, cottura lenta e prolungata e il vino rosso che –oltre a distinguerla dall’omonima carbonadeflamande belga che però viene cotta nella birra – le conferisce il caratteristico colore scurissimo. Quasi nero appunto, come il carbone che le dà il nome. Ma torniamo all’elemento di base: la ricetta tradizionale infatti non prevede semplice polpa di manzo, bensì carne salata valdostana o tseurachétaye.
CREMA DI COGNE
La Crema di Cogne accompagnata dalle Tegole è un dessert al cucchiaio tipico della regione, preparato con panna fresca, tuorli d’uovo, cioccolato fondente, vaniglia, zucchero, rum e un po’ di cacao amaro. Una volta preparata la crema va servita in coppette, con l’aggiunta di lamelle e questi biscotti tipici, simili alle tegole dei tetti valdostani, fatti con mandorle, nocciole, molto burro, simili alle lingue di gatto. Uniti alla Crema di Cogne sono la perfezione.
VENETO
POLENTA
La tradizionale polenta “considera” a base di patate, arricchita con burro, cipolle e un pizzico di cannella, da accompagnare al formaggio Mezzano e alla sopressa. La polenta di patate è un piatto decisamente consistente e corroborante che i contadini consumavano quando erano nei campi, ideata probabilmente per sostituire il mais che in montagna non si coltivava. È la preparazione iconica del Veneto. La polenta si mangia da sola o si accompagna a piatti come stufati di carne, fegato, baccalà e tanto altro.Pur essendo conosciuto nelle sue diverse varianti , ha costituito, in passato, l’alimento di base della cucina povera in varie zone settentrionali alpine, prealpine.
BACCALA’ ALLA VICENTINA
Il baccalà alla vicentina è un piatto molto caratteristico della provincia di Vicenza. Tanto amato che esiste persino una Confraternita e un Festival annuale. Va mangiato come vuole la tradizione: accompagnato da polenta al cucchiaio. In alternativa, può essere consumato in una delle sue varianti previste dalla gastronomia regionale. Il baccalà alla vicentina è un piatto molto semplice, dal sapore inconfondibile. Questo l’ha reso uno dei piatti tipici del Veneto conosciuti in tutto il mondo.L’uso di essiccare il merluzzo per conservarlo è antichissimo: vi sono documenti che attestano questa pratica nei Mari del Nord sin dai tempi di Carlo Magno (IX secolo).
CROSTOLI
I crostoli sono un tradizionale dolce di Carnevale, realizzato friggendo un impasto che ricorda molto da vicino quello delle chiacchiere, delle frappe e delle bugie di Carnevale.
Sono diffusi in particolare in Veneto, dove vengono appunto chiamati crostoli o galani di Carnevale e fanno parte della tradizione dei dolci fritti carnevaleschi. Preparati con un impasto a base di farina, zucchero, burro, grappa e fritti in olio bollente, prima di essere ricoperti di zucchero a velo.La loro tradizione risale a quella delle frictilia, i dolci fritti nel grasso animale che nell’antica Roma venivano preparati proprio durante il periodo del calendario romano corrispondente al Carnevale della chiesa cattolica.